Con il termine ‘Maiolica’ si intendono tutti quei manufatti realizzati con terre lavorate e successivamente cotte. Fin dall’antichità le terre e le argille utilizzate provenivano da cave o dai fiumi ed erano precedentemente trattate e depurate prima dell’uso dopodiché l’impasto veniva miscelato con altri elementi secondo dosi prestabilite e studiate affinchè il materiale raggiungesse una certa densità per poi essere foggiato con il tornio (la ruota del vasaio) o semplicemente premuta in uno stampo. Ogni singolo passaggio nella lavorazione avveniva manualmente, in questo modo si ottenevano quasi sempre esemplari unici. Prima della cottura l’oggetto veniva immerso in una terra liquida bianca che aderiva e lo ricopriva completamente, successivamente seguiva un bagno nell’invetriatura e per poi passare all’ applicazione dei colori. A volte invece, bastava immergere la terracotta in un bagno di smalto (ossido di stagno), una vera e propria invetriatura bianca e opaca e su questo smalto ancora crudo, dalla consistenza granulosa, venivano tracciati gli elementi decorativi.
Già dal X secolo si ha una fioritura dell’arte ceramica nel mondo islamico, che presto però, con lo sviluppo dei commerci nel Mediterraneo, si diffonderà anche in Italia dove nacquero manifatture eccellenti come Deruta, Urbino, Castelli, Casteldurante, Siena e Faenza. In quest’ultima città ci fu un intenso sviluppo della lavorazione della maiolica tanto che la manifattura faentina divenne sinonimo di lavorazioni di qualità.
Nei secoli si riconoscono diversi stili che contraddistinguono la produzione manifatturiera di maioliche.
Dopo la decorazione pittorica delle maioliche ‘’raffaellesche’’, del XVI secolo, complessa e densa di richiami naturalistici, arriviamo al periodo del “Compendiario” uno stile privo di contorni precisi e marcati, una decorazione veloce e stilizzata, fatta a punta di pennello.
I ‘’bianchi’’ faentini diventano a questo punto un vero e proprio riferimento nel mondo della maiolica italiana per definire in sintesi un’esperienza singolare che incantò, con la sua produzione, casate e dimore delle più importanti famiglie d’Italie e d’Europa tra XVI e XVII secolo. Comparsi nell’età del Manierismo e cresciuti nel Barocco, questi manufatti hanno consentito un arricchimento e una ornamentazione plastica delle forme ben oltre i risultati raggiunti dal semplice uso del tornio. I <> hanno dettato un nuovo gusto della maiolica e della committenza puntando sulla straordinaria simbiosi tra processo tecnologico innovativo e inedita veste cromatica.
Fu il ceramologo Gaetano Ballardini a dare il via a questa vera e propria corrente usando per primo il termine <> già usato dagli archeologi per descrivere una tecnica pittorica caratterizzata da rapidi ed essenziali tocchi di pennello, creata dai romani alla fine del I secolo d.c. circa. La corposa superficie bianca aveva molteplici funzioni: dare maggiore nobiltà alla materia attenuando la granulosità del “biscotto” e offrire luminosità, spesso infatti i piatti avevano piccole immagini al centro eseguite con pennellate veloci di colori forti che potessero risaltare come ad esempio il giallo ed il turchino.
I <> sono stati senza dubbio modelli per una produzione particolare che solo a Faenza ha raggiunto vette di qualità irripetibili per tecnica di impasti e smalti, tecnologia di trasformazione, forme e soprattutto fantasia decorativa. Manufatti rappresentativi della vitalità artistica del Rinascimento italiano che hanno costituito uno dei passaggi chiave della ricerca e della manipolazione delle terre nel campo dei grandi artigianati storici, maestri nella trasformazione delle materie. Aver saputo inventare questa formula fu il successo per la maiolica tanto che fu applicata, con accenti diversi, da artigiani di varie regioni all’insegna di un mercato che ne faceva molta richiesta.
Un attestato della incessante immaginazione e della pratica operativa delle grandi botteghe professionali di un tempo, un segno anche della capacità imprenditoriale di mercato prima dell’avvento dell’età moderna.
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